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VNY La Voce di New York (12/03/2022)

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Alessandra Moro March 12, 2022

Giada Valenti in America col perseguimento della felicità, ovvero la musica

Intervista con la cantautrice veneziana che dopo aver raggiunto il successo negli USA, colpita dalla malattia, ha saputo vincerla e riprendere il percorso artistico

Giada Valenti in America col perseguimento della felicità, ovvero la musica

Giada Valenti in concerto

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Giada Valenti è arrivata a New York nel 2005, con un prestigioso bagaglio di studi musicali alla scuola di Santa Cecilia nella natìa Venezia ed il perfezionamento al conservatorio Tartini di Trieste; si è costruita una carriera di successo negli Stati Uniti grazie a talento, forza e coraggio, dopo aver superato l’ostacolo di un raro e grave problema di salute che ha interrotto la sua ascesa proprio mentre era in procinto di firmare un contratto con un’importante casa di produzione musicale americana.

Tre tumori al pancreas sono stati vinti ed il sogno americano ha ripreso forma e realizzazione: nel 2015 si è fatta conoscere al grande pubblico con lo speciale musicale “From Venice with Love” trasmesso dall’emittente PBS, nel 2017 ha debuttato come headliner a Las Vegas e nel 2018  alla Carnegie Hall di New York; nel 2019 Andrea Bocelli le ha chiesto di cantare insieme in concerti di beneficenza per la sua Fondazione negli Stati Uniti.

Per l’attuazione e l’uscita del nuovo album – prevista per settembre 2022 ed anticipata dal singolo “What Child Is This?” pubblicato a Natale 2021 – Giada Valenti ha collaborato con il produttore e vincitore di 8 Grammy, Gregg Field, e con la British Royal Philharmonic Orchestra nei celebri Abbey Road Studios.

Abbiamo evocato il sogno americano, ma in realtà l’approdo negli USA è stato casuale, come Giada stessa racconta: «Non ho mai effettivamente coltivato un “sogno americano”, anzi: ho cominciato con lo scrivere canzoni per altri, che poi, ascoltandomi, mi hanno spronato a cantare; la promozione iniziale, tuttavia, non ha portato grandi riscontri in Europa, e invece ho avuto dagli Stati Uniti la risposta di Clive Davis, col risultato di trasferirmi a New York per undici anni (dai 12 mesi preventivati), poi a Los Angeles per due e ora a Las Vegas».

Come hai “costruito” il tuo progetto americano?

«Tutte le decisioni prese nella mia vita sono state dettate dall’indole a seguire la felicità. Mio nonno mi diceva sempre che nella vita la cosa più importante era “essere felice”. La mia felicità è sempre stata la musica, sin da bambina. È il mio ossigeno. Seguendo la felicità, ho accettato, appunto, l’invito dal team del grande Clive Davis, che trovava la mia voce “incantevole”. Un rischio che mi ha cambiato la vita, arricchendola; quello che può essere il sogno americano, per me è solo il sogno di cantare per chi ama ascoltarmi e di essere felice. Non è stato facile e ogni giorno mi manca la mia famiglia, ma faccio quello che amo e anche la mia famiglia è felice perché io sono felice: D’altra parte ormai le grandi distanze non esistono più grazie alla tecnologia».

La decisione di cambiare nome da cosa è stata data?

«E’ stato proprio Clive Davis, che aveva già sotto contratto troppe Christine, Christina Aguilera e Christina Milian. Giada mi piaceva, era diverso. L’altra opzione, che aveva quasi vinto, era Sofia, da una delle mie attrici e donne preferite, appunto la grande Sofia Loren. Ma lo trovavo troppo impegnativo. Mi fa sorridere che qualche volta i miei fans mi dicano che sono la nuova Sofia Loren… LOL! Un complimento lontano dalla realtà, ma di certo molto simpatico e dolce. I fans sono davvero meravigliosi».

Oltre che interprete, sei anche cantautrice: hai accennato ad un esordio proprio in tale veste…

«Si, e la mia carriera come cantante è iniziata proprio grazie ad una delle mie canzoni originali, “Solo con te”, che mi ha aperto le porte al primo contratto discografico con la BMG in Olanda. Ho vinto nella categoria “Cantautori” rappresentando quel Paese nella competizione “Sanremo giovani talenti nel mondo”, aperta ad artisti italiani che vivevano all’estero. Io mi ero appena sposata e trasferita in Olanda, e, seppur giovanissima, avevo deciso di fare la moglie e mettere su famiglia. Ma questa canzone, scritta per mio marito, mi ha cambiato la vita. E anche il mio arrivo in America è legato a “Italian signorina”, la mia prima canzone scritta in lingua inglese e per gioco, che mi ha fatto notare da Clive Davis. Nei miei concerti c’è sempre qualche canzone inedita scritta da me: uno dei sogni è averne una che mi identifichi e mi ricordi nel tempo, quando non ci sarò, come “la famosa canzone di Giada Valenti”… credo sia il sogno di ogni artista».

Italiana, veneta, veneziana: quali suggestioni artistiche legate alle tue origini si ritrovano nella tua musica?

«Una delle cose che di certo mi porto dietro e che è parte del mio essere – quindi della mia musica – è l’apprezzamento per l’arte, per la bellezza, per i dettagli. E la mia passione per le canzoni d’amore. Sono una romantica, credo che l’amore sia davvero una cosa meravigliosa. E lo devo credo a Venezia. La gente viene a Venezia per celebrare amore, matrimoni, viaggi di nozze, anniversari. La gente felice e innamorata è dappertutto a Venezia: forse per questo l’amore per me è tutto nella vita».

Giada Valenti a Venezia

Una canzone che dedicheresti a Venezia e una a NY?

«Beh, alla mia Venezia dedicherei la canzone che mi ha fatto sognare di fare la cantante, “La Vie en rose”, perché’ Venezia è pura magia e bellezza, ti prende fra le braccia e non ti lascia più. E a NYC una più recente, “A Million Dreams” dal film The Greatest Showman, perché’ a NYC ci sono sognatori come me, che vanno lì e trovano così tanta energia da non riuscire a calmarsi neanche di notte. L’energia di NYC è incredibile, anche stancante, ma, come dice la famosa “New York, New York”, “se ce la fai lì, ce la farai in qualsiasi altra parte del mondo”».

Artisti prediletti?

«Tantissimi: del passato Edith Piaf, Perry Como, Ella Fitzgerald. Fra gli italiani Mina e Ornella Vanoni e Zucchero. Ma adoro la musica di Joni Mitchell e di Sting, adoro la musica country e sono una grande fan di Dolly Parton e Vince Gill. Sono un po’ un’eclettica quando si parla di musica. Mi piacciono molti artisti di epoche e generi diversi. Mio nonno mi diceva di dividere tutto in due categorie. Così io divido tutto in solo due categorie, belle e brutte! Se un artista mi piace, perché mi arriva al cuore, mi piace. Adoro anche la musica classica e l’opera lirica: era la musica che ascoltavano I miei nonni. Ed io ho incominciato proprio con quella, per poi passare alla musica pop.

Non mi piace il rap, perché non lo capisco. Adoro I cantautori italiani, come Gino Paoli, Riccardo Cocciante, Lucio Dalla e Lucio Battisti, ma amo anche artisti emergenti diversissimi dal mio mondo musicale, come i Måneskin».

Gli ostacoli dati dai problemi di salute hanno avuto modo di essere affrontati anche con la forza del tuo talento, della tua determinazione a portare avanti una brillante carriera? Quanto è valsa la spinta psicologica rispetto ai drammi fisici?  

«La mente ha una forza incredibile. La mia positività, il mio voler vivere, la mia passione per la musica di certo sono stati la mia forza durante la malattia, che considero un dono: mi ha permesso di imparare da giovane, che la vita ha un termine. Bisogna vivere al massimo delle nostre possibilità ogni giorno. Volersi bene, dire “ti voglio bene” tutti i giorni a chi ci vuole bene. Sorridere fa bene alla salute. Lo stress, ed anche io come tutti ne provo molto, uccide. Quindi la sera bisogna scrollarsi di dosso i problemi e ricominciare il giorno dopo con forza e positività, cercando di risolverli. Dopo la malattia, io e mio marito abbiamo cominciato a praticare meditazione trascendentale, come numerosi personaggi del mondo artistico, ma anche magnati di Wall Street: 20 minuti valgono più di una notte di sonno, ci ricarichiamo e ripartiamo sempre con sorriso e voglia di vivere».

Andrea Bocelli con Giada Valenti

Tra le varie collaborazioni, ce n’è qualcuna che ricordi con particolare affetto?

«Di certo essere invitata a cantare con Andrea Bocelli per la sua Fondazione è stato un grande onore. Andrea e sua moglie Veronica sono due persone meravigliose, a cui sono affezionata. Con affetto ricordo, però, anche aver condiviso il microfono per un duetto con l’autore messicano più famoso in assoluto, Armando Manzanero, purtroppo scomparso lo scorso anno a causa del Covid. Cantare con lui la sua famosa “Somos Novios”, “It’s Impossible” qui in America, è stata una esperienza unica. Il mio duetto con lui è anche una delle sue ultime registrazioni: Armando mi ha dato l’autorizzazione di scriverne un testo in italiano, basato sulla sua versione spagnola, un grande onore. Non vedo l’ora di condividerlo con i miei fans, i miei angeli, le ali della mia musica».

Un duetto con…?

«Difficile, se non impossibile, dire solo qualche nome: Pharell Williams, Michael Bublè, Bruno Mars, Vince Gill, Gloria Estefan, Sting, Josh Groban, Zucchero, Claudio Baglioni, Jovanotti e mi piace Francesco Gabbani… ma ne ho tantissimi, sì, anche Dolly Parton. I really adore her, come autrice e donna, lei è il top, un’ispirazione. E ho incontrato qualche anno fa Rita Moreno, una leggenda vivente… sì, mi piacerebbe duettare anche con lei!».

Da membro dell’Accademia Italiana della Cucina, una cena con…? E che menu sceglieresti?

«Da grande appassionata di cucina, inviterai tutti! Ma forse sarebbe divertente una cena con Mara Venier, grande zia della televisione italiana e veneziana come me. Di certo una cenetta veneta con polenta con i fegatini, una bella insalata di radicchio rosso con l’aceto balsamico e per finire un tiramisù. E fra i musicisti italiani, sarebbe una cena allegra avere Jovanotti e Zucchero. In questo caso, un antipasto di salumi romagnoli, prosciutto di Parma, mortadella, coppa piacentina, “il re dei salumi” il culatello di Zibello, seguiti da una bella pasta cacio e pepe, e sempre il mio dolce preferito, un tiramisù. Una cena in onore delle nostre tre regioni di appartenenza, Emilia-Romagna, Lazio e Veneto».

Prossimi appuntamenti?

«Il 20 aprile è previsto un concerto a Las Vegas, un romantico viaggio musicale con una selezione delle più belle canzoni tratte da film. E quest’anno mi metterò in gioco ai Grammy con il mio CD di Natale, che ho registrato con la Royal Philharmonic di Londra e che uscirà a settembre; mi piacerebbe vincere qualche premio prestigioso come il Grammy o il Latin Grammy con il mio progetto con Armando Manzanero in lingua spagnola».

Sogno nel cassetto?

«Ho cantato nei più grandi palcoscenici del mondo, come la Carnegie Hall di NYC più volte, e Las Vegas, nel prestigioso Smith Center, ma sarebbe bellissimo calcare il palcoscenico di Sanremo ed essere abbracciata dall’Arena di Verona. I sogni non hanno misura. Io ne ho ancora tanti. E l’unico modo per realizzarli è crederci, provarci. Niente è facile e niente è impossibile per chi ha il coraggio di mettersi in gioco ed è pronto a lavorare senza sosta: non ci sono regali nella vita, nella mia esperienza almeno. Si cade e bisogna rialzarsi e riprovare di nuovo, cambiando le strategie ma non la mèta».

 

Alessandra Moro

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